Dal Vangelo secondo Giovanni – Gv 3,14-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Dalla memoria di donne e uomini che avevano incontrato, seguito Gesù, messi in crisi dalla sua morte, risvegliati e scossi da donne che dicono loro che è vivo sono nate piccole comunità che hanno saputo custodire la memoria di Gesù. Con il passare del tempo sono morti quelli che hanno visto e sentito, come consegnare la sorgente della vita a chi ci seguirà? Nel frattempo vicende tumultuose hanno distrutto i segni più forti della propria identità, come il tempio e la identità di popolo.
Proprio in quei momenti di fatica qualcuno ha frugato e trovato qualcosa nelle memorie più recondite, un momento della vita di Gesù che non era stato scritto nella trasmissione del passaparola. C’era bisogno di capire fino in fondo perché Gesù si fosse incarnato, avesse preso volto di uomo con tutti i condizionamenti di uomini e donne che attraversano il deserto, che provano la fatica di essere considerati meno che nulla, traditori della tradizione, in nome di un qualcosa che non apparteneva più a loro, dover pagare un tributo al sacro. Un guazzabuglio di domande e situazioni che creano distanze.
Nel tempo in cui le comunità che avevano avuto come riferimento l’apostolo Giovanni qualcuno ricordò questo incontro. Nicodemo, uomo molto influente e preparato, ma inquieto dentro, ha bisogno di capire chi è Gesù. Non ci sono convenevoli, come è possibile accontentarsi di fronte ad aventi che ci sconvolgono oggi, come la pandemia, le guerre, la esclusione di molti popoli da una vita dignitosa e libera?
Nicodemo, uomo in ricerca, di nascosto, ma con assoluta lucidità ha bisogno di capire da dove nascono i segni di Gesù. Nascere dall’alto sembra una contraddizione con la nascita di Gesù nella povertà, senza una casa. Gesù chiarisce che cosa voglia Dio dall’alto e dal basso. La incarnazione di Gesù, la sua umanità dice l’amore del Padre: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
Le prime comunità cristiane spaesate ritrovano il perché della Incarnazione di Gesù e del suo dono fino alla fine. L’unica ragione della incarnazione di Gesù è quella di portare nel mondo l’amore vero, autentico, puro per trasmetterlo alla umanità. La attenzione sulla morte in croce (innalzamento) passa dall’espiare i peccati all’essere liberi per mettere pace nelle nostre coscienze. Se Dio in Gesù libera l’amore in noi ci rende responsabili e accogliamo questo processo di liberazione passando da seminatori di negatività e morte a seminatori di vita. “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”
Non è forse seminare morte il commercio delle armi, la guerra, il vivere per possedere le cose, il possedere l’altro, l’altra, il non preoccuparci di queste terribili solitudini, il non accorgerci che lo stile di ognuno per sé conduce a vivere senza gli altri e a volte contro in una società spietata? La indicazione che la verità e la luce ci conducono a scoprire la vita come una cosa seria, molto seria, ma anche splendida. Leggere il capitolo 3 dell’Evangelo di Giovanni ci dà il respiro di coloro che rivedono la luce che rischiara i passi, ci immette in pieno nello stile della misericordia, nel passare dalle nostre buone volontà alla amicizia sociale di cui parla Papa Francesco, di riscoprire, in modi sinodale, nelle nostre piccole comunità parrocchiali che è parso bene allo Spirito santo e a noi (Atti 15,28) di non imporre nuove norme e di accogliere la verità in qualunque popolo con tutte le sue sfumature e diversità. Guidami, dolce luce nel buio circostante, pregava J. H. Newman, a diffondere la tua luce e verità con quella forza attraente, con quella influenza solidale che proviene da ciò che facciamo, ma soprattutto da ciò che siamo in Gesù.
La frenesia del tutto e subito, di ricette e diagnosi definitive ci porta ad escluderci a vicenda; in questo momento. Ddall’incontro di Nicodemo con Gesù possiamo anche imparare la paziente arte del possibile. Il possibile ha la forza di un seme che nel buio della terra cerca la luce diventando a sua volta bellezza, ombra, cibo, equilibrio perfetto tra natura e uomo-donna, una nuova nascita… nel mezzo del cammin…
Grazie per tutta questa bellezza che sapete donare, della intelligenza profonda delle cose, della speranza durante questa pandemia e per la costanza nel resistere. Gino Chiesa
Chiamati ad andare con una fede nuda
Non può non andare colui che possiede il tuo Spirito, Signore.
Noi immaginiamo sempre che per andare
occorrano strade, tappe e paesi che cambiano.
Ma la tua via non consiste in questo.
È la vita, semplicemente:
la vita che scorre e nella quale andiamo
se le nostre àncore sono levate.
Da te, Signore, siamo chiamati ad andare
leggeri, senza possessi, con una fede nuda, essenziale.
Questa fede ci rende semplici della tua grande semplicità.
Essa si acquista con il sacrificio
di tutto quanto non sia il Regno dei cieli.
Allora quelli che ci incontreranno sul loro cammino
tenderanno le mani avide al tesoro che zampilla da noi:
un tesoro liberato dai nostri vasi di terra,
dalle nostre valigie, dai nostri bagagli,
un tesoro semplicemente divino.
Allora noi saremo agili
e diventeremo a nostra volta delle parabole
che donano a tutti la perla preziosa, la vita vera.
Amare sempre e comunque,
è la via miglior per salvare sicuramente qualcuno,
in qualche parte del mondo.
Madeleine Delbrêl