Mt 22,7-10
Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali
Dal messaggio di Papa Francesco per la giornata Missionaria 2024
I discepoli-missionari di Cristo hanno sempre nel cuore la preoccupazione per tutte le persone di ogni condizione sociale o anche morale. La parabola del banchetto ci dice che, seguendo la raccomandazione del re, i servi radunarono «tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni» (Mt 22,10). Inoltre, proprio «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» (Lc 14,21), vale a dire gli ultimi ed emarginati della società, sono gli invitati speciali del re. Così, il banchetto nuziale del Figlio che Dio
ha preparato rimane per sempre aperto a tutti, perché grande e incondizionato è il suo amore per ognuno di noi….
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Racconto di Letizia:
Dopo aver partecipato ad alcuni incontri del percorso “Perché no: giovani e missione”, l’anno scorso abbiamo deciso di partire in 6, cinque ragazze e don Davide. Il nostro è stato un viaggio forse un po’ diverso perché itinerante, in 17 giorni infatti abbiamo visitato 7 città interessate dalla missione in Marocco. Siamo partiti da Ceuta, al nord, su suolo africano ma politicamente ancora in Spagna, per poi proseguire a Casablanca, Fez, Midelt, in montagna, Oujda, al confine con l’Algeria, Ouarzazate, vicino al deserto e infine Marrakech, da cui abbiano ripreso un volo per Torino.
È difficile far stare in un racconto di pochi minuti tutte le esperienze vissute e le cose viste, per cui mi concentrerò su alcune città in particolare.
CEUTA
Il primo giorno, dopo un volo per Malaga e dopo aver attraversato lo stretto di Gibilterra in traghetto, siamo arrivati a Ceuta, dove siamo stati accolti dall’ex educatrice Maite e da suo marito Salva, i quali ci hanno fatto da guida. Arrivando in traghetto, si vede in lontananza il barrio del principe, un quartiere coloratissimo e arroccato su una collina, che è considerato il quartiere più violento d’Europa. A Ceuta ci sono militari ovunque, è una città di confine sia geograficamente sia culturalmente. Mentre giravamo per la città e visitavamo un centro di accoglienza per migranti, ci hanno spiegato come nonostante ultimamente siano diminuiti i flussi migratori soprattutto via terra, a causa del rinforzo della frontiera, resa quasi impossibile da oltrepassare per i due muri con filo spinato che la attraversano, continuano comunque ancora oggi i tentativi di oltrepassare la frontiera, soprattutto via mare. Per esempio, i giovani migranti accolti nel centro che abbiamo visitato, nelle sere di nebbia, sanno che tanti loro compaesani marocchini stanno probabilmente preparandosi per l’attraversamento a nuoto della frontiera. A livello culturale, l’essere una città di
:frontiera si traduce a Ceuta con una maggior chiusura delle comunità musulmana e cristiana, Maite e Salva ci spiegano come i cristiani di Ceuta siano più chiusi di quelli spagnoli ed europei, e i musulmani siano più chiusi di quelli marocchini, tant’è che le due comunità sono culturalmente separate ed è difficile che due bambini di religioni diverse che sono amici continuino la loro amicizia crescendo. Secondo loro il problema maggiore è la mentalità della città, l’estrema destra. La cosa che li indigna di più è la situazione del razzismo anche nella chiesa. Amici che vanno a messa tutti i giorni e sono indifferenti dì :fronte alla gente che muore. Anche la maggior parte dei sacerdoti.
FNIDEQ, CASABLANCA E FEZ
Il terzo giorno abbiamo oltrepassato a piedi il confine con il Marocco, per giungere a Fnideq, da cui ci siamo poi spostati a Casablanca, e poi dopo due giorni Fez. A Fnideq, Fez e Casablanca abbiamo conosciuto rispettivamente una piccola comunità di preti missionari e due comunità di Piccole Sorelle di Charles De Foucald. La missione in Marocco è caratterizzata da due aspetti, il primo è la forte presenza di cristiani provenienti da altri paesi dell’Africa, che costituiscono il 99% dei fedeli cristiani e sono per la maggior parte studenti universitari, con la conseguenza particolare che ogni due anni la composizione di una chiesa si rinnova completamente. Il secondo aspetto che caratterizza la missione in Marocco è la vicinanza all’Islam e ai cittadini musulmani, una vicinanza che non ci si aspetta e che sorprende quando si è abituati all’islamofobia che dilaga tra italiani ed europei, ma che costituisce effettivamente il cuore di una missione portata avanti in un paese quasi completamente musulmano, per motivi anche politici, ma soprattutto umani e spirituali. Padre Rolando di Fnideq, ci ha raccontato come per lui e i suoi confratelli le attività organizzate siano volte a arricchire la comunità e a “aiutare i propri vicini a diventare via via dei musulmani migliori”. Un’altra sorella invece ci raccontava di come l’Islam l’avesse aiutata ad avvicinarsi di più a Dio. Un’altra ancora, alla domanda del perché avesse scelto proprio il Marocco, ci ha spiegato che nella periferia francese da cui proveniva, da bambina, vedeva come venivano trattati gli arabi che immigravano lì, e aveva deciso che da grande sarebbe andata in Nord Africa, per chiedere perdono.
È quindi una missione silenziosa, che si propone di essere vicina alle persone del posto, e che lavora quotidianamente per creare ponti e legami tra comunità in un mondo in cui questi legami vengono ogni giorno disincentivati e distrutti. Sempre a proposito della vicinanza tra cristiani e musulmani, tutti i missionari con cui abbiamo parlato ci hanno raccontato di avere legami e di trovarsi regolarmente a pregare insieme a alcuni musulmani Sufi, il sufismo può essere considerato come la parte mistica dell’Islam, è molto diffuso in Marocco ed è caratterizzato da una forte apertura verso le altre religioni.
MIDELT E TATIOUINE
Dopo Fez siamo saliti in montagna, a Midelt, città bellissima e particolare, abitata prevalentemente da persone di etnia Amazigh, la popolazione originaria del Marocco. Qui siamo stati ospitati presso il monastero di Notre Dame de l’Atlas dalla comunità di monaci trappisti nata dalla comunità algerina di Tibhrine. Qui abbiamo incontrato alcuni monaci che ci hanno raccontato la storia del monastero di Tibhrine e della testimonianza di vita dei 7 monaci morti nell’attentato terroristico. Anche qui hanno posto l’accento sull’amicizia che lega i monaci agli abitanti del posto e in generale cristiani e musulmani. Si sottolinea che l’attentato alla comunità di Tibhrine non fosse religioso, sono stati 114 gli imam morti e 19 i cristiani. Ci ha spiegato come per loro islam e cristianesimo siano i due lati di una montagna alla cui cima c’è Dio. Più ci si avvicina alla cima, più si è vicini. Da Midelt abbiamo raggiunto Tatiouine, un paesino in montagna dove siamo stati ospitati per una notte a casa di una famiglia locale di Cherif e Hazna. A Tatiouine avevano vissuto per anni due alcune suore francescane, che avevano fondato una scuola materna ed elementare per i bambini del paese. Ad oggi la scuola è gestita dalla famiglia che ci ha ospitati, e l’unica maestra è Hazna, aiutata da alcune ragazze che, nate a Tatiouine, frequentano l’università delle grandi città vicine e a volte tornano a casa per visitare famiglia e amici.
OUJDA
Da Midelt, ci siamo spostati a Oujda. A Oujda, città di 60000 abitanti al confine con l’Algeria, abbiamo avuto la possibilità di visitare il centro di accoglienza per migranti gestito dai padri della consolata, che accoglie continuamente uomini e donne provenienti da diversi paesi, che sono diretti a città come Ceuta, Melilla, Nador, Tangeri eccetera, con numeri di circa 450 persone al mese. Siamo stati accolti da don Patrick, che ci ha spiegato che la loro attività principale è la promozione dell’umanità, è una pastorale pesante con l’obiettivo di umanizzare la migrazione, senza giudizi.
Il centro si occupa di accoglienza di emergenza, con la distribuzione di kit, ma anche nella formazione professionale e nella ricerca del lavoro, di alfabetizzazione e di cura dei bambini mentre le madri lavorano. È anche presente un lato per ammalati e convalescenti, in cui lavorano due medici volontari. Il progetto è iniziato 8 anni fa, non ci sono permessi ufficiali da parte del governo, ma vengono accettati in quanto rientrano nella logica della carità musulmana. Una prova del fatto che vengono accettati è che il centro è proprio accanto a una residenza reale, e mentre eravamo lì don Patrick ha urlato due o tre volte i ragazzi accolti quando giocano a calcio devono fare attenzione a non tirare il pallone contro il muro del palazzo. Le spese sono altissime e il centro è sostenuto da donazioni e dalla carità di singole persone marocchine che si offrono di cucinare per tutti o di dare appoggio in qualche modo.
OUARZAZATE
Da ujda ci siamo poi spostati a Ouarzazat con u viaggio di 11 ore in cui ci siamo fermati spesso per dare acqua e cibo ai pastori di cammelli, anche bambini, che incontravamo. A ouarzazate abbiamo in ontrato le Suore bianche di nostra signora dell’africa. Sono lì da poco dopo che I vecchia comunità si era sciolta, al momento non hanno una missione definitiva, sta o seguendo un gruppo di cucito, una di loro è infermiera, infatti esiste un accordo tr la chiesa e il marocco che prevede alcuni posti per per persone di chiesa per lavorare ospedale o come assistenti sociali. La comunità cristiana lì è molto piccola, cosyiruita da alcuni francesi del posto. La missione principale data dal cardinale è di e;}ere una presenza cristiana.
Anche loro si trovano ad accogliere migranti e a offrire loro beni di prima necessità e una doccia. Ci dicevano che lì ivano le persone che avevano tentato di attraversare il confine a nord e che erano st e caricate su un pullman e rispedite a sud, e ora, scese dal pullman a ouarzazate, dove vanno a lavorare e chiedere l’elemosina per poter ritornare a nord e ritentare attraversamento della frontiera.
Per concludere vorrei dire che questo viaggio mi ha suscitato alcune domande in particolare:
Sono disposto io, e siamo disposti noi a chiedere perdono quando vediamo le tragedie e le difficoltà affrontate dai migranti nel viaggio verso la nostra Europa?
Sono disposto io, siamo disposti noi ad andare oltre le diferenze e creare legami con persone all’apparenza diverse da noi?
Sono grata di aver potuto intraprendere questo viaggio che spero sia l’inizio di un percorso interiore e concreto per tutta la vita.